La grafia autarchica non porta a nulla

de Giuseppe Frattini e Pier Luigi Crola
dell'Associazione Culturale Antica Credenza di Sant Ambrogio.


Da "la Padania" di martedì 21 agosto 2001

Succede talvolta che articoli o lettere di lettori riportanti frasi dialettali, pubblicati su queste stesse pagine o su altre testate, contengano errori grammaticali. Ciò irrita tantissimo i cultori della materia, non senza ragione. D'altra parte, è difficilissimo riprodurre correttamente per iscritto le parole di lingue che non sono mai state insegnate nelle scuole pubbliche e la redazione non può né sgridare, né mettere alla berlina collaboratori animati dalle migliori intenzioni. Il problema è serio: in un modo o nell'altro, soprattutto la Padania deve contribuire a mantenere vivo l'uso delle lingue locali. Sull'argomento, intervengono due esperti lombardi che forniscono utili indicazioni su come limitare i rischi di una cattiva comunicazione. La situazione attuale dei dialetti in genere, e del lombardo m particolare, non è dovuta alla superiorità dell'italiano in sé, che pure nasce da un dialetto, ma perché i Lombardi, proprio nei secoli del primo sviluppo, ne hanno lasciato l'evoluzione prevalentemente alla sola tradizione orale. Mai è stato oggetto di sistematico uso municipale e insegnamento; agli albori è stato limitato l'impiego in campo letterario, e nei secoli successivi troppo spesso contrastato Così, nel progresso storico?culturale, il lombardo è rimasto indietro soprattutto lessicalmente negli argomenti scientifici filosofici, giuridici. fino a essere considerato dalla cultura lettecarta "nazionale poco più di una curiosità., manifestazione del passatismo dei soliti andeghée o dell'ambizione di pochi cittadini che gh'hann nagòtt de fà, non hanno niente da fare. Più tardi e qui il discorso si fa più complesso, il suo recupero è stato a volte usatoquale sottofondo a rivendicazioni e battaglie politiche per timore forse di troppi frazionamenti. Ma i dialetti sono lingue con una propria dignità. La loro letteratura ci tramanda un mondo di tradizioni, storie, cultura di grandissima portata. e non devono essere banalizzati e ridotti a fonte di frasi idiomatiche utili per civetterie in prestito. Mentre ai ragazzini viene fatta studiare una lingua detta "nazionale" che diviene "madre", in quanto prevalentemente parlata dai più, perché imposta "dalla nascita", al cittadino, che parla per sua origine una lingua detta dialetto perché diversa da quella nazionale, riteniamo debba essere consentito di studiare e coltivare questa sua lingua, senza vergogna, e liberamente farne uso. Permane comunque imprescindibile la necessità di conoscere altre lingue, nel più grande numero possibile, per comunicare e conoscere il mondo, i suoi uomini, le diverse culture, magari leggendone nella specifica lingua. Proprio lo studio e impiego abituale scritto e orale di una lingua rafforza l'identità e il carattere delle gentì e ne consolida i legami. Per il lombardo in senso esteso, i dibattiti sui criteri di rappresentare i fonemi per iscritto sono ormai ristretti a pochi aspetti e, proprio come deve essere per i particolari contenuti di cui sono significanti se ne stanno occupando alcuni cultori scientifici Niente paura, queste prudenti disquisizioni sono segnali di salute. 1. USATE I DIZIONARI! Per i dialetti principali lombardi esiste un apparato di idonei strumenti grammaticali aggiornati ed una tradizione di grandi opere letterarie di sicuro riferimento, dizionari affidabili, lavori scientifici che hanno già affrontato la questione: pronuncia e scrittura, ed hanno disciplinalo l'uso di accenti, dittonghi, trittonghi e relativa fonetica, in modo sufficienti per avviare a stabilizzare nell'area padana le corrispondenze tra suoni e scrittura ed avviare su larga scala una uniformazione delle varie grafie. Rendendoci comunque conto del particolare momento storico qui ribadiamo quanto più volte da noi auspicato in conferenze di studio: che almeno si inizi in Lombardia l'unificazione della grafia per lo meno dei suoni comuni pur conservando nel quotidiano le parlate locali nel contempo catalogando i suoni speciali. Andrebbe a vantaggio del consolidamento e della conservazione integra della nostra lingua della letteratura e della nostra cultura. Tuttavia, questi ragionamenti, quando escono dai luoghi preposti, suonano alle orecchie dei cittadino come un invito all'anarchia più scatenata, e ognuno si sente libero di inventare criteri personalizzati presi a prestito da lingue vicine o più o meno lontane, ed impiegarli spesso a sproposito. Se non vi si pone un freno, si rischia di cadere in una babele dello scritto, in un mondo nel quale parlando ci si capisce. ma non nello scrivere. Come mai. dopo più eli cinquecento anni di letteratura ci troviamo ancora a fare i conti con le regole di rappresentazione dei suoni? La risposta storica la troviamo nella mancanza dell'insegnamento del dialetto origine dell'analfabetismo dialettale, e per l'impossibilità per chi sapeva leggere e scrivere di usare il dialetto nei rapporti con le istituzioni. 2. EVITARE LA PRESUNZIONE Oggi le difficoltà di sviluppo del dialetto, oltre alle carenze d'insegnamento, risiedono in parte nel contrasto politicoideologico di marca nazionalista e dalla presunzione da parte di alcuni di conoscerlo e di poterlo scrivere a orecchio personalizzando così le corrispondenze fra suoni e scritto, e assimilando inconsciamente il dialetto all'italiano di fatto ne corrompono la natura. In questo sconclusionato fare, otteniamo un risultato curioso che potrebbe malamente essere inteso come la forza di una lingua: sembrerebbe che anche parlando sgrammaticato ci si possa capire ugualmente. Questa è invece decadenza culturale! Ma consoliamoci non sta accadendo qualche cosa di simile all'italiano? Occorre proprio per questo procedere rapidamente e chiudere con un passato contrastato di troppi particolarismi ed intraprendere una via che porti attraverso lo studio dei dialetti all'affermazione del diritto alla diversità e alla completa libertà di espressione e di pensiero, al di là delle indiscusse necessità di impiegare linguaggi comuni utili a facilitare l'incontro fra i popoli. Linguaggi che la storia tuttavia ci insegna possono alternarsi nella diffusione ed uso nel corso dei secoli. 3. LE REGOLE SONO POCHE E allora? Avviamoci con serenità allo studio del nostro dialetto, non sono moltissime le regole da imparare per chi già lo parla o solo lo capisce. Ai neofiti per apprenderle verrà richiesto un diligente impegno (almeno per i primi tempi). L'uso del dizionario è vivamente raccomandato a tutti, quale strumento di lavoro che dovrebbe essere sempre a portata di mano (in tutte le lingue), per il buon comporre e ben esprimere le proprie idee. A volte, per i padani, questo ragionamento suona come un affronto: "Mì gh'hoo de doprà el vocabolari di alter quand podaria fall mì?" ? "... e inscì se scriv a la fiora!" 4. NIENTE LEGGEREZZE Le leggerezze non istruiscono all'uso corretto della lingua dichiarata. Il milanese può essere assunto come punto dí riferimento e base linguistica da adottarsi nell'uso comune e specialistico in quanto è ricca di opere letterarie e teatrali d'importanza europea, è sorretta da grammatiche corrette è dotata di dizionari enciclopedici, che ne studiano anche l'evoluzione storico filologica. Ove necessario, per il suo arricchimento ed aggiornamento lessicale si può attingere a vocaboli non usati in città e conservati negli altri dialetti limitrofi spesso denotanti oggetti specifici locali non presenti altrove ( es: nomi di pesci, frutti, attrezzi di lavoro etc ... ). Riguardo l'aggíornamenIo tecnico scientifico riteniamo sia normale e universale recepire sempre nuovi vocaboli anche da altre lingue. Su questa strada in Lombardia non devono crearsi disaccordi perché, nell'ambito della propria isoglossa, la lingua è in sostanza unica per tutti i fratelli lombardi verbanesi, novaresi, ossolani, ticinesi, i valtellinesi, comaschi, brianzoli, varesini, milanesi, lodigiani, pavesi, bresciani, mantovani, cremonesi, lomellini, vigevanesi, etc... 5. VISITATE INTERNET Se i tanti altri appassionati della "Padania" vorranno visitare i siti Internet (vedi gli indirizzi qui a parte) o entrare direttamente in contatto con le associazioni che si occupano di questi problemi, non potranno che essere ben accetti perché se ciò che li anima sono i buoni propositi, molte sono le occasioni di contatto, per scambi e arricchimenti che si possono trasformare in contributi preziosi peri nostri popoli. 6. ATTENTI AL RIDICOLO Invitiamo tutti i Padani a fuggire l'uso del dialetto i scorretto in quanto abuso fuorviante per la rivendicazione della identità. La lingua è la nostra favella, è una cosa seria da coltivate e studiare, è il nostro mezzo di comunicazione, è la testimonianza di antiche radici e tradizioni è la nostra Cultura. Noti è un'accozzaglia di parole e locuzioni da cabaret, anche se alle volte il dialetto, proprio perché lingua madre, si presta bene a rappresentare le situazioni comiche della vita (come in tutto il mondo). Chi ne fa uso a sproposito cade nel ridicolo coinvolgendo tutti.? Cerchiamo quindi de fass minga rid adree dai "noti" disfattisti che non attendono altro per rinnovare antiche "Giavanade" quali neofiti detrattori del nostro dialetto, che ci fanno solo i galitt, "in d'ona Italia pièna de pessee". 7. NON ITALIANIZZARE Un altro pericolo reale per il nostro dialetto è italianizzarsi troppo, cosa ben diversa dall'attingere, nel senso di cui sopra, ai patrimoni di altre culture, fenomeno vissuto in parte dal milanese e dagli stessi volgari europei, quando nel medioevo uscirono dal latino e si avviarono ad acquisire una propria specificità. Per fortuna il nostro dialetto la propria specificità l'ha già raggiunta da tempo, oggi dobbiamo solo mantenerlo vivo correttamente, con attenzione e studio. Con l'uso quotidiano del SUO dizionario possiamo trovare molte delle parole che invece tendiamo a prendere frettolosamente a prestito altrove. Non dobbiamo trasformare la nostra lingua in un "pidgin! ? lombard, parallelo dell'altro... italian di cui altri si stanno già occupando.

 


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