MINORANZE ESCLUSE DALLA LEGISLAZIONE
ITALIANA DI TUTELA
La legge 482/1999 risente nella sua impostazione di una logica che lega
la tutela delle parlate minoritarie al loro radicamento in una determinata
porzione di territorio nazionale; non vengono pertanto prese in considerazione
le esigenze di riconoscimento e visibilità di altri tipi idiomatici
che, pur realizzando concrete e oggettive condizioni di alterità,
non rientrino in questo parametro.
Ovviamente dietro tale scelta c'è un ben preciso 'modello' costruito
in funzione di un quadro di protezione tipico degli anni immediatamente
successivi alla prima guerra mondiale e ispirato all'esigenza di porre
rimedio alle specifiche esigenze delle cosiddette 'minoranze di confine',
individuate per discordanza tra composizione 'etnica' e composizione linguistica
di uno Stato. In realtà il principio costituzionale cui afferma
di ispirarsi la legge non contiene da nessuna parte questa pregiudiziale
‘territorialista'; in particolare la formulazione dell'art. 6 ("La
Repubblica tutela le minoranze linguistiche") non implica di per
sé alcuna distinzione né tipologica né cronologica
di età di formazione nel solo presupposto di una rimozione dei
dislivelli che ostacolino la libera espressione linguistica e culturale.
Nell'individuare le minoranze da assoggettare a tutela il legislatore
ha comunque temperato via via tale criterio affiancando alle minoranze
per così dire alloglotte anche varietà interne al sistema
linguistico italoromanzo che si caratterizzassero per una spiccata origionalità
della loro fisionomia linguistica e per forte animus comunitario: si è
aperto così un varco per l'estensione del riconoscimento a lingue
prive di ‘tetto' linguistico esterno come il sardo, il ladino e
il friulano.
Restano invece ancora tagliate fuori le seguenti tre tipologie di varietà
minoritarie, che qui passiamo in rassegna.
Eteroglossie interne
Da Telmon 1992 in avanti, è invalso l'uso di designare con il
termine eteroglossia una peculiare tipologia di idiomi praticati in genere
da comunità ridislocate lontano dalle proprie sedi originarie a
seguito di processi di migrazione interna: ogni qual volta tale ridislocazione
determini la formazione di una enclave la cui parlata diverga dalla compagine
linguistica circostante e i cui locutori siano animati dalla volontà
di salvaguardare la loro identità, si vengono a creare le condizioni
di una alterità funzionalmente parificabile ad una minoranza. Il
caso più vistoso concerne i Tabarchini di Sardegna e i Galloitalici
del Meridione (Sicilia e Basilicata), due comunità in possesso
dei presupposti di specificità linguistica, antico insediamento
e animus comunitario compatibili con lo status di lingua minoritaria:
per i Tabarchini si rimanda al dossier documentario curato da Vincenzo
Orioles e Fiorenzo Toso e introdotto da una Premessa di Tullio De Mauro
(Orioles -Toso 2001), per i galloitalici di Sicilia sono fondamentali
le sintesi di Trovato 1998 e 2002.
Minoranze diffuse
Non vengono poi contemplate dalla legge le cosiddette ‘minoranze
diffuse', ossia quelle comunità che si collocano all'interno di
un determinato paese in modo non-territoriale, sparse, disseminate a piccoli
gruppi sul territorio (ne definisce lo statuto Soravia 2003).
E' intuitivo pensare che il soggetto elettivo di questa tipologia sono
i nomadi; la cui tutela era stata del resto espressamente prevista in
alcuni testi delle proposte di legge anteriori alla 482 e poi lasciata
cadere. Ma in realtà la portata dell'estensione sarebbe molto più
generale: si tratta in effetti di un fenomeno nuovo proprio di un'epoca
contraddistinta da crescenti processi di mobilità che portano nuclei
consistenti di popolazione fuori del loro spazio identitario di origine:
basti pensare, per fare un solo esempio (evocato da Georges Lüdi,
1997, p. 652), si sa che in Svizzera più della metà dei
locutori del romancio vivono in una situazione di diaspora.
'Nuove minoranze'
Accanto alle minoranze di antico insediamento, alle eteroglossie e alle
minoranze diffuse, il panorama linguistico italiano deve fare i conti
con un fenomeno nuovo ed in costante crescita: la presenza di consistenti
gruppi di cittadini immigrati provenienti dai più diversi paesi
e di parlata diversa da quella italiana che, con espressione coniata da
Tullio De Mauro nel 1974, denominiamo 'nuove minoranze'. Anche se il fenomeno
non è così appariscente come in altri paesi, è stato
accertato (Vedovelli - Villarini 2001 ) che gli idiomi esogeni praticati
nello spazio linguistico italiano, le cosiddette ‘lingue immigrate',
sono almeno 122: una struttura di ricerca che svolge un ruolo di monitoraggio
importante in tal senso è l' Osservatorio linguistico permanente
dell'italiano diffuso fra stranieri e delle lingue immigrate in Italia
costituito come Centro di eccellenza presso l'Università per Stranieri
di Siena e diretto da Massimo Vedovelli.
Ovviamente non tutti i gruppi linguistici formati da immigrati sono soggetti
potenziali di tutela: perché essi possano costituire una vera e
propria minoranza devono maturare determinate condizioni che si possono
sintetizzare nell'avvenuta formazione di una entità socialmente
aggregata, riconoscibile per istituzioni e strutture di vita comunitaria,
e soprattutto per la condivisione "di un progetto migratorio di lunga
durata e di una volontà di conservare lingua, cultura, religione
e identità di origine" (Telmon 1992, pp. 150-152).
Strategie di intervento
Nel corso della XIII legislatura (1996-2001), in nome della preminente
esigenza di non bloccare l'approvazione della legge 482, si è evitato
di 'mettere troppa carne al fuoco' concentrando l'attenzione sulle minoranze
linguistiche storiche. Nel momento in cui il Senato si apprestava a varare
la legge di tutela delle minoranze linguistiche le associazioni che rappresentano
gli studiosi di scienze del linguaggio esprimevano il loro punto di vista
nel corso di una audizione accordata il 28 settembre 1999 dal senatore
Felice Besostri, relatore in aula del provvedimento: erano presenti per
la Società Italiana di Glottologia il presidente Vincenzo Orioles,
ascoltato anche in veste di Direttore del Centro Internazionale sul Plurilinguismo,
e per la Società di Linguistica italiana Alberto Sobrero. Le due
Società prendevano atto delle ragioni che spingevano alla rapida
approvazione di una legge che applicava finalmente il dettato costituzionale
e dava nel contempo attuazione alla normativa europea. Poiché in
quel momento l'interesse prevalente era quello di portare a termine l'iter
legislativo, Orioles e Sobrero convenivano sull'opportunità che,
per non compromettere l'entrata in vigore della legge, ogni revisione
e integrazione fossero rimandate a un futuro riesame della normativa:
alle lacune ed alle incongruenze del testo si sarebbe potuto ovviare quando
il Parlamento avesse ripreso a legiferare in tema di minoranze. Alcune
di queste osservazioni furono comunque recepite nel testo di un «ordine
del giorno» approvato dal Senato il 6 ottobre 1999.
Esaurito il complesso iter applicativo della legge 482 (solo nel settembre
2001 è stato approvato il relativo Regolamento di attuazione),
è tempo ora di sviluppare la riflessione. Va ribadito innanzitutto
che quello di lingua minoritaria "non è un concetto a priori
ma è qualcosa che si determina storicamente; esso non si fonda
tanto su dati oggettivi misurabili, quanto su una somma di fattori di
identificazione, di atteggiamenti linguistici, di valutazioni, di prestigio"
(Cardona 1984, p. 47); va poi rimesso in discussione l'approccio genealogico
e dialettologico convenzionale a favore di criteri interlinguistici e
sociolinguistic i che devono prevalere nella determinazione dello status
di minoranza (cfr. Orioles 2003a e 2003b).
Da questo angolo visuale le eteroglossie interne dei tabarchini e galloitalici
hanno le carte in regola per meritare l'attenzione del legislatore, al
quale basterebbe intervenire con un semplice, motivato emendamento analogico
senza alterare l'attuale impianto legislativo. Ci si ripromette in particolare,
col supporto del Centro Internazionale sul Plurilinguismo e delle associazioni
rappresentative degli studiosi di Scienze del Linguaggio (Società
Italiana di Glottologia e Società di Linguistica Italiana), di
attivare una larga sensibilizzazione e del mondo della cultura e delle
popolazioni interessate a sostegno di futuri provvedimenti che consentano
una revisione dei criteri di applicazione della normativa di tutela.
Più lungo forse il cammino da percorrere perché possano
essere realizzate le aspettative di valorizzazione concernenti le minoranze
diffuse e soprattutto le ‘nuove minoranze'
In definitiva, dunque, è auspicabile che vengano adottate misure
ispirate a una politica linguistica aperta e flessibile, che superino
il concetto di protezione delle minoranze localizzate a favore di una
più articolata dimensione della tutela. Tale riconoscimento ben
si inquadrerebbe in una visione 'ecolinguistica' in armonia con la quale
le istituzioni vadano al di là di interventi difensivi, per giungere
ad una esplicita presa d'atto di quella che è la fisionomia caratterizzante
delle odierne società europee, ossia il plurilinguismo e il pluriculturalismo.
Riferimenti
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